Marco Migliavacca, strabiliante giocoliere e circense professionista, si racconta per il suo pubblico. Scoprite di più su questo mozzafiatante artista!
Chi sei e cosa fai? “Io sono Marco Migliavacca e vengo da Novara, e nella vita faccio i salti mortali per vivere, però nel vero senso della parola. Sono un giocoliere, clown, attore e qualche volta mezzo acrobata”.
Spiegaci il percorso che hai fatto per arrivare dove sei arrivato. “Io ho incontrato il circo per la prima volta a otto anni, quando ero un bambino piccolino. Mio nonnomi ha portato al circo a vedere uno spettacolo, però quel giorno il circo è entrato ufficialmente nella mia testa, e non ne è più uscito da allora. Poi durante le scuole medie era nulla più di un gioco, quindi io passavo il mio tempo libero ad appassionarmi al circo: guardavo spettacol e, giocavo (come i bambini giocano a fare gli attori) a fare il circo. Poi durante gli anni delle scuole superiori è diventata una vera e propria passione; ho iniziato da autodidatta a fare il giocoliere a casa mia, nella mia cameretta, e mi dicevano che ero bravo “a far girare le palle”. E poi la vera grande decisione è stata al termine delle scuole superiori quando ho detto “Mi piacerebbe farlo un po’ più concretamente, per lavoro magari”. Allora mi sono deciso di farlo per mestiere”.
E tu non arrivi da una famiglia che ha a che fare con il circo. “Esatto. Nessuno ha a che fare con il mondo dello spettacolo, del circo o del teatro. Quindi con un pò di coraggio sono andato dai miei genitori, e gli ho detto di voler fare il giocoliere, di voler fare una scuola di circo; e due mesi dopo ero iscritto a Ingegneria Meccanica. Ci sono rimasto tre anni, e poi con un bel po’ di coraggio mi sono lanciato in un mondo a me completamente nuovo: il mondo del teatro e del circo. Da lì ho iniziato a studiare e ad allenarmi seriamente, non era più un gioco”.
Com’è cominciato lo studio professionale? “Già durante ingegneria tenevo da parte come hobby la giocoleria, e non esistavano libri su cui studiare, ero tutto autodidatta. Devo ringraziare internet e Youtube, che sono stati la mia finestra sul mondo, e grazie a cui ho iniziato a conoscere i giocolieri, le diverse discipline, le tecniche, materiali…e sempre grazie a internet sono venuto a conoscenza di scuole, corsi, in Italia e all’estero; e nel momento in cui ho lasciato Ingegneria Meccanica ho studiato teatro e clown in Svizzera, giocoleria a Torino, e poi infine una laurea breve in Scienze Motorie con ramo circo sociale a Roma all’Università di Tor Vergata”.
E poi come hai cominciato a lavorare? “Io ho sempre avuto una dose di coraggio e una bella faccia tosta, quindi quello che apprendevo e riuscivo a fare lo proponevo in giro per feste, per eventi, per scuole; pensandoci adesso, devo dire con una bella dose di incoscienza, però ai tempi è stata una grande scuola. […] Durante gli anni delle scuole superiori, sempre grazie a internet, vengo a conoscenza del circo d’eccellenza nel mondo, il Cirque du Soleil. E io in quegli anni mi sono innamorato di quel mondo, e mi sono detto che semmai fossi riuscito a lavorare per ill circo mi sarebbe piaciuto lavorare per loro. Nel 2011 mi soi presenta la prima occasione: Cirque du Soleil sarebbe stato a Milano per cercare degli artisti. Io mi presentai con la mia valigia piccina, e loro mi dissero che non andavo bene perché ero troppo giovane (ai tempi avevo vent’anni). Tornando a casa però ero contento, perché dentro di me risuonava come un arrivederci, e così è stato; mi sono ripresentato tre anni dopo, e quella volta lì è andata a buon fine e mi han detto “Welcome to the Cirque du Soleil family!”.
Le tue fonti di ispirazione? “Stando tra i personaggi italiani, fin da quando ero piccolo ho sempre seguito il lavoro di Arturo Brachetti: torinese, eravamoquasi vicini di casa, lui era pù lanciato sul mondo della magia, però i suoi spettacoli erano per me magia allo stato puro, quindi l’ho sempre visto come un esempio di grande uomo su palcoscenico”.
Per quanto riguarda l’attrezzatura? “Nella mia esperienza di un anno con il Cirque du Soleil ero attore, e con loro non dovevo pensare ai costumi, all’attrezzatura, al trucco. Quando ho smesso il lavoro con loro sono tornato un freelance, un libero artista italiano in giro, e allora ho ricominciato a ripensare ai miei costumi, ai miei numeri, alle mie attrezzature, alle mie scelte musicali; molte volte la gente vede il risultato finale, il sabato sera sul palcoscenico, e non immaginano che dietro c’è tutta la settimana di lavoro per costruire, pensare, allenarsi, mettere a punto il costume, l’attrezzatura; ho la fortuna di avere dietro a me persone che mi aiutano.”
Quale è stata la tua esibizione peggiore? “Eravamo a una cena di artisti, tutti giocolieri e acrobati, che erano a trascorrere una serata libera, fuori dal lavoro;solo che il ristorante, dopo una cena di cibo e aggiungerei di vino, ha avuto la bella idea di chiederci uno spettacolo; sull’onda dell’entusiasmo abbiamo accettato, però il vino era veramente troppo e il risultato è stato pessimo. Ricordo che mi sono trovato dei baffi disegnati con un pennarello in faccia il giorno dopo, e mi ricordo che non riuscivo a vedere le palline”.
Com’è il tuo rapporto con il pubblico? “Il pubblico è fondamentale per tutti gli artisti. Per me è la mia energia: se al pubblico sta piacendo quello che faccio, mi trasmette un’energia grazie alla quale posso continuare a fare quello che sto facendo, quindi ci tengo a ringraziarlo ogni volta che sto facendo un’esibizione, mi prendo un momento un po’ intimo tra me e loro per gli applausi ed i loro sorrisi, e sono molto disponibile a chiaccherare con loro per sentire il loro punto di vista su quello che propongo. È un ottimo feedback”.
Dove hai imparato a truccarti da solo? “Il trucco mi ha sempre affascinato, da piccolino aspettavo sempre con ansia il carnevale. Quando ho iniziato a portare in giro spettacoli o lavorare per compagnie teatrali ho iniziato a rubare un po’ le tecniche dagli altri miei colleghi. Poi sono diventato bravino con il Cirque du Soleil, dove devi per forza essere bravo: loro ti insegnano e poi ci devi pensare te, ogni giorno mi aspettava un’ora e mezza di trucco. Io lo vivo come un momento di concentrazione. Fa parte un po’ del vestito di scena: come scelgo quello giusto, c’è anche da scegliere il trucco”.
Questo è un estratto dalla puntata di Radio Variété dedicata a quest’artista. Ascolta l’intervista completa:
Radio Variété è il programma radiofonico di Attilio Reinhardt e Sara Cassinotti con i protagonisti del nuovo varietà italiano.
Tutte le puntate sono disponibili in podcast su www.radiovariete.it